IL VELO EBRAICO E LA PARRUCCA, QUELLO CRISTIANO E QUELLO ISLAMICO



Il tichel (ebraico:טיכעל), chiamato anche mitpachat, è un foulard indossato come copricapo dalle donne ebree sposate, nel rispetto del codice della modestia noto come tzniut. I tichel possono variare da un velo squadrato molto semplice e fatto di cotone, con un'allacciatura posteriore, fino a tessuti variamente elaborati e con allacciature complesse. Come per qualsiasi altra forma di abbigliamento nella tradizione ebraico-ortodossa, il tichel serve come moda e allo stesso tempo come espressione di modestia.

La Torah stabilisce che una donna deve coprirsi completamente i capelli in un luogo pubblico (Genesi 24:65 - E disse al servo: «Chi è quell'uomo che viene attraverso la campagna incontro a noi?». Il servo rispose: «E' il mio padrone». Allora essa prese il velo e si coprì.). Guarda anche Isaiah 47:2.
Alcune opinioni affermano che non si debba mostrare più di un tefach (un palmo, circa tre centimetri in totale - una ciocca) di capelli.


Secondo la Torah il sacerdote scopre o scioglie i capelli di una donna accusata come parte della umiliazione che precede la cerimonia espiativa (Libro dei Numeri Numeri 5:18). Da ciò il Talmud (Ketuboth 72) conclude che in circostanze normali i capelli coperti sono un requisito biblico per le donne.

Coprendosi i capelli - anche con una parrucca (
Sheitel ) che può essere scambiata per capigliatura vera - una donna esprime la sua devozione esclusiva, il suo amore e la sua univoca connessione col marito. Anche se gli altri non si rendono conto che si sta coprendo i capelli, la sposa ha la costante consapevolezza di essere la metà di un rapporto unico e profondo.
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Nel Nuovo Testamento, nella "Prima lettera ai Corinzi" di Paolo (11:7-10) si legge:
"Poiché, quanto all'uomo, egli non deve coprirsi il capo, essendo immagine e gloria di Dio; ma la donna è la gloria dell'uomo; perché l'uomo non viene dalla donna, ma la donna dall'uomo; e l'uomo non fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo. Perciò la donna deve, a causa degli angeli, avere sul capo un segno di autorità."

Mentre n un'altra lettera Paolo dice:
“Nelle riunioni delle comunità le donne dovranno tacere perché non è loro consentito di parlare, ma devono restare sottomesse e se vogliono sapere qualcosa lo devono chiedere, a casa, al marito. Devono avere sul capo il velo in segno di umiliazione per la loro bassezza: portare il velo significa vergognarsi a causa del peccato introdotto nel mondo ad opera della donna. L’uomo è immagine e gloria di Dio, la donna è gloria dell’uomo. Non l’uomo deriva dalla donna ma la donna dall’uomo, né l’uomo è stato creato per la donna ma la donna per l’uomo. Sarebbe un bene per l’uomo non toccare donna: il matrimonio è un male necessario valido al solo scopo di evitare la lussuria (remedium concupiscentiae)”. (NT san Paolo, 1 Corinti 14:33-35).

Oppure prendiamo Quinto Settimio Fiorente Tertulliano(155 D.C. circa – 230 D.C. circa): un grande teologo cristiano che introduce la teologia trinitaria attraverso una terminologia latina rigorosa, come lo stesso papa Benedetto XVI nella sua udienza del 30/05/2007 ricorda: “Tertulliano compie un passo enorme nello sviluppo del dogma trinitario; ci ha dato in latino il linguaggio adeguato per esprimere questo grande mistero, introducendo i termini «una sostanza» e «tre Persone». In modo simile, ha sviluppato molto anche il corretto linguaggio per esprimere il mistero di Cristo Figlio di Dio e vero Uomo”.
Nel “De Cultu Foeminarum”, Turtilliano dice:“Invano vi affaticate di mostrarvi adorne, invano mettete in opera tanti industriosi parrucchieri: Dio prescrive che voi siate velate, perchè vuole, io credo, che la testa di alcune di voi non sia veduta da nessuno.” (De Cultu Foeminarum. VII; trad. Moricca)

Dopo aver citato Paolo nel Nuovo Testamento e Turtilliano quale autorevole teologo della ortodossia Cattolica, possiamo guardare le autorità nell’Islam, ovvero il Corano e i detti (Hadith) del Profeta Muhammad (Pace e benedizioni su di lui) .
La motivazione del velo islamico é diametralmente opposta a quella di Paolo e Turtilliano, e viene riportata qui di seguito:
Allah dice: “O Profeta, di' alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate . Allah è Perdonatore, Misericordioso.” (Corano, 33:59).

E anche qui di seguito:
Allah ha anche detto: "Di' ai credenti di abbassare il loro sguardo e di essere casti. Ciò è più puro per loro. Allah ben conosce quello che fanno. E di' alle credenti di abbassare i loro sguardi ed essere caste e di non mostrare, dei loro ornamenti, se non quello che appare; di lasciar scendere il loro velo fin sul petto e non mostrare i loro ornamenti ad altri che ai loro mariti, ai loro padri, ai padri dei loro mariti, ai loro figli, ai figli dei loro mariti, ai loro fratelli, ai figli dei loro fratelli, ai figli delle loro sorelle, alle loro donne, alle schiave che possiedono, ai servi maschi che non hanno desiderio, ai ragazzi impuberi che non hanno interesse per le parti nascoste delle donne. E non battano i piedi sì da mostrare gli ornamenti che celano. Tornate pentiti ad Allah tutti quanti, o credenti, affinché possiate prosperare ..” (Corano, 24:30-31).

Mentre il Il Profeta (pbsl) ha detto: “Allah, l’Eccelso il Maestoso, è Ha'yeii (dai Suoi caratteri il Ritegno), Sit'teer (Protettore). Ama Haya (il Ritegno) e il Sitr (che protegge; Copertura).“Il Profeta (pbsl) inoltre ha detto: “La donna che toglie i suoi vestiti in altri luoghi che non siano a casa del suo marito (per mostrarsi a scopi illegittimati), ha rotto lo schermo di Allah su lei. “

Nella giustificazione del velo, vi é il concetto di protezione e riconoscimento in aggiunta alla castità e alla purezza, ma da nessuna parte nel Corano, in nessun Hadith (detto del Profeta), o nessuna autorità religiosa islamica (dei tempi successivi alla morte del profeta ed al consolidarsi dell’Islam), viene mai giustificato (anche solo in parte) il velo come espressione di sudditanza della donna rispetto al’uomo.

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